L’articolo dedicato alla storia della cartografia e della miniatura medievale su Minerva Cafè, sezione di curiosità, arte e cultura della casa d’aste Minerva Auctions.
Le carte geografiche più antiche risalgono agli Egizi, ma anche gli Assiri, i Fenici e i Cartaginesi ne produssero, ricche di rilievi geografici e topografici. La prima mappa geografica generale dell’intera Terra risale al VI secolo a.C. ed è quella di Anassimandro di Mileto, discepolo di Talete.
Con Eratostene di Cirene nel III sec a.C. si arriva a tentare la prime misurazioni delle dimensioni del pianeta, che portarono più avanti nel 120 d.C. Marino di Tiro ad introdurre la misura delle latitudini e delle longitudini e a sviluppare la scienza delle proiezioni geografiche della Terra, attraverso la quale Claudio Tolomeo nel II secolo d.C. rappresentò per la prima volta in modo fedele la superficie della terra.
Già i Romani però avevano sviluppato le carte geografiche itinerarie per viaggiatori che illustravano percorsi e distanze, usandole così a livello estremamente pratico.
Dal III secolo d.C. iniziò però un periodo di regressione, si rifiutò la nozione della sfericità e le mappe antiche subirono l’influsso dei dettami della Chiesa. Nacquero però nel Medioevo, grazie alle repubbliche marinare, le prime carte nautiche caratterizzate da una forte verosimiglianza.
Una fioritura di carte geografiche si ebbe nel Rinascimento, quando furono riscoperte le mappe antiche dei Greci e quella di Tolomeo. Inoltre, grazie alla scoperta dell’America e ai successivi viaggi di esplorazione, si ebbe un ulteriore sviluppo e perfezionamento della cartografia.
Dal XVI-XVII secolo in poi emersero le opere di grandi geografi e cartografi europei: Nicolas Sanson d’Abbeville, l’italiano Giacomo Filippo Ameti, Guillaume de L’ Isle, più tardi Mattheus Albrecht Lotter, William Faden, Maurielle Anthoine Moithey, Ignazio Heymann e l’italiano Gaetano D’Ancona.
Proprio le carte geografiche antiche di questi cartografi, incise in rame e all’acquaforte, oltre a carte nautiche come quella di William Arlett sono offerte durante le aste del dipartimento di libri, autografi e stampe che includono le mappe antiche del mondo.
La tecnica della miniatura prese il nome dal colore minium, il colore rosso utilizzato dagli antichi amanuensi per titoli, iniziali, e riquadrature di pagine, e consisteva nell’ornare i manoscritti antichi con fregi, figure e scene delineate a penna e dipinte ad acquerello. Il supporto fu dapprima il papiro, poi la pergamena e infine la carta. Già i papiri degli antichi Egizi ci hanno tramandato molti esempi di testi illustrati, come nel loro Libro dei Morti, o anche i codici pergamenacei degli alessandrini, scritti talvolta in oro e argento su un fondo di porpora con figure e scene. Ma fu soprattutto la miniatura medievale ad avere un grande successo, grazie all’affermazione degli scriptoria all’interno dei grandi monasteri: veri e propri laboratori in cui i monaci si dedicavano allo studio e alla trascrizione dei testi sacri, ma anche di testi antichi, realizzando manoscritti miniati.
Durante l’impero di Carlo Magno, nel IX secolo, si ebbe un forte sviluppo della miniatura grazie alla vitalità e trasformazione culturale promossa dall’imperatore. Importante testimonianza ci viene data dall’imponente patrimonio di codici miniati che si è conservato: se da una parte guardavano alla più recente pittura bizantina, dall’altra tornavano alle opere tardo-antiche e ai codici del IV-V secolo. Uno dei manoscritti più conosciuti è il Salterio di Utrecht, dove i salmi trascritti sono rappresentati da immagini vivaci e narrative.
Durante il X-XI secolo, nella miniatura ottoniana, l’eredità carolingia viene liberata dai modelli tardo-antichi e rielaborata in manoscritti miniati di estrema ricchezza, come nei fondi porpora e dorati. I più elaborati testi escono dallo scriptorium di Reichenau come i Vangeli di Ottone III, dove aspetti dinamici e fantastici si coniugano al forte modellato e all’intensa espressività delle figure luminose.
Nel XII secolo, soprattutto in Italia, ebbero una larga diffusione le Bibbie illustrate, soprattutto le Bibbie Atlantiche, così chiamate per il loro grande formato. Esse presentavano lettere iniziali di grandi dimensioni, finemente decorate e al cui interno erano presenti figure e immagini decorate con elementi astratti e naturalistici, sempre con riferimenti alla pittura bizantineggiante.
Continua nei secoli successivi fino al Quattrocento la proliferazione di scuole di miniatura di carattere nazionale, come in Francia, in Inghilterra e in Italia, con un comune e progressivo superamento dei modelli bizantini per approdare ad un’elegante semplificazione lineare delle figure, ad un fantasioso naturalismo e ad un vivace gusto narrativo, derivati soprattutto dalla recente predilezione per temi laici e cortesi.
Le aste mostrano fogli pergamenacei manoscritti e miniati, appartenenti a lezionari, messali, salteri ed anche a codici giuridici, di un arco tempo che va dal X al XV secolo.