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Ranieri
Antonio
Insieme di 16 lettere autografe e firmate di Antonio Ranieri al Marchese Giuseppe Melchiorri, zio di Giacomo Leopardi, distribuite in un arco cronologico tra 1834 e 1854, in 4°, oltre 50 pp.; insieme anche una lettera del Melchiorri a Clementina Mongardi Carnevali (nobildonna romana, famosa per il suo celebre salotto letterario).
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Note:
Interessantissimo e ricco epistolario, che avvalora il ruolo cruciale di Antonio Ranieri nella diffusione dell’opera di Giacomo Leopardi.
La prima missiva è inviata da Napoli il 9 agosto 1834, ancora in vita Giacomo Leopardi, e si menziona da subito la Signora Clementina [Clementina Mongardi Carnevali] e il suo Giacomo, che non ha ricevuto le lettere che attendeva da Parigi. In fine missiva, dopo aver affrontato questioni legali relative al voto delle sorelle minorenni, commenta: “Giacomo sta bene e vi abbraccia con tutto il cuore, e dice tante cose affettuose all’amabilissima consorte, alla quale io mi raccomando quanto più posso. (...)”.La lettera successiva, datata 20 ottobre 1840, si colloca dopo la morte di Giacomo (1837) e testimonia da subito un’intima e solidale amicizia tra i due, nel nome del Poeta ma non solo. “Mio carissimo Melchiorre, Mi fo arditamente a domandarti un gran favore, il quale riguardando la gloria del nostro immortale Giacomo, sono sicuro che tu me lo concederai assai di leggero. (...) Sappi dunque (ma per molte gravissime ragioni conviene che tu serba il più profondo silenzio) che tanto mi sono adoperato, che, fra non molto, verrà fuori in Germania una bella e compiuta edizione di tutte le opere edite e inedite del nostro impareggiabile defunto, la quale sarà il più bel monumento alla sua memoria, e la più bella gloria dell’Italia. Tutto quello ch’era necessario allo scopo che mi sono proposto, tutto mi è riuscito, presto o tardi, di procacciarmi. Ma quello che mi è impossibile d’averne in questo momento (benché l’attenda senz’altro di Milano) è il Martirio de’ Santi Padri ec. Tu l’hai. Vorresti farne un temporaneo dono all’editore, e poi prendere tu quello che avrò infallibilmente da Milano? Tu potresti dirmi che manderai una copia manoscritta. Ma io vorrei la stampa, perché altrimenti (stampandosi in terra straniera) verrà pieno zeppo di errori e certamente inintellegibile. Questa ragione è stata tanto potente nell’animo mio, che sono giunto fino a far comporre tipograficamente alcune cose inedite, ed invece del Ms., ho mandato le prove corrette. Se vuoi farmi un tanto favore, non puoi fare nulla di meglio che portare il libro, ma tu stesso (senza l’ardire) personalmente dal buon Giambene, ed esponendogli tutta l’importanza e la rarità del libro (senza però parlargli di edizione da dare ec.) fare in modo che lo mandi a posta corrente raccomandata a questo segretario della posta, dal quale l’avrò esattamente. Io non posso dirti altro, perché il tempo stringe. Ti abbraccio....Antonio Ranieri”. Di questa progettata edizione delle opere di Leopardi da stamparsi in Germania intorno al 1840 non se ne sa nulla; nessuna menzione in bibliografia, nessuna nelle varie corrispondenze tra scrittori, né in altri studi più o meno eruditi. Certo è che avrebbe in parte cambiato le sorti del pensiero filosofico e della poesia europea: Leopardi diffuso in Germania in lingua originale sarebbe stata un’iniezione di pensiero filosofico e di poesia romantica che di certo non avrebbe lasciato indifferente lettori e pensatori di mezza Europa. La lettera successiva data al 15 settembre 1844 e denota come il progetto sia ancora in piedi: “Caro Melchiorri, io ho bisogno che tu mi dica a tutto rigore di posta se, oltre a Luigi, morto credo nel ‘27, ed a Carlo e Paolina, il nostro caro Giacomo ebbe più fratelli o sorelle, e se vivono o quando morirono. Più, devi dirmi se, quando nel maggio del 30 Giacomo partì per l’ultima volta di Recanati, Carlo era o no in Recanati. Addio in terribile fretta. Napoli, 15 settembre 1844.” Nella successiva missiva da Firenze, datata 14 luglio 1845, si parla ancora di un libro contenente “tutte le opere edite e inedite di Giacomo con una vita scritta da me”. Si tratta in questo caso dell’edizione Le Monnier del 1845 in 2 voll., curata dallo stesso Ranieri. Nella stessa si lamenta dell’uscita di un terzo volume con opere già edite di Leopardi, curato da un tal Pellegrini con l’avallo di Giordani: ma Ranieri oppone la volontà del defunto, che “fremerebbe se i morti vedessero quel che fanno i vivi. pare impossibile che un Giordani s’abbia a frammettere con ragazzi che, in questa faccenda, cercano non la fama del defunto, ma la loro.Tutti sono della mia opinione (...)”. Si tratta del terzo volume, uscito sempre nel 1845 per Le Monnier, dal titolo Studi filologici. Giacomo Leopardi; raccolti e ordinati da Pietro Pellegrin e da Pietro Giordani.
Un carteggio ricco e intrigante, che getta luce sul ruolo centrale di Ranieri e su quello, meno noto, di Melchiorri, fedele memoria storica di casa Leopardi a quella altezza cronologica.
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