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Michele Desubleo, detto Michele Fiammingo
Maubeuge 1602 – Parma 1676
olio su tela, senza cornice, cm 74 x 99,5MICHELE DESUBLEO, CALLED MICHELE FIAMMINGO (MAUBEGE 1602 – PARMA 1676) AND STUDIO, DEATH OF CLEOPATRA, OIL ON CANVAS, WITHOUT FRAME 74 X 99.5 CM
€ 8.000 - € 12.000
Lotto non venduto
Note:
Cleopatra intrecciò il suo destino con quello dei grandi uomini di Roma. Bella e colta, fece innamorare di sé Cesare, al quale diede un figlio, Cesarione, e dopo di lui Antonio. Celebre è rimasto nella storia l'amore con quest'ultimo. Antonio, infatti, quasi stregato, trascurò affari militari e politici, assunse costumi da monarca ellenistico e decise di lasciare tutti i suoi possedimenti alla regina e ai suoi figli. Il destino dei due amanti fu tragico: Plutarco (Vita di Marco Antonio, 44-86) narra che Cleopatra, a seguito della sconfitta nella battaglia di Azio e della morte di Antonio, piuttosto che essere fatta prigioniera e condotta in trionfo da Ottaviano, preferì darsi la morte. Pertanto si fece consegnare un aspide velenoso nascosto in cesto di fichi, che la morse provocandole una dolce agonia.L'inedito dipinto propone un tema più volte affrontato da Michele Desubleo. Si deve a Andrea G. De Marchi l'attribuzione a Desubleo della Morte di Cleopatra in palazzo Colonna a Roma oltre all'interpretazione corretta del soggetto, descritto fino ad allora genericamente nella letteratura precedente come Morte di una regina (si veda a proposito: A. G. De Marchi, Four overdoors by Michele Desubleo, in "The Burlington magazine", 1999, n. 141, p. 421-422, fig. 44) . L'opera Colonna fa parte di una serie di quattro sovrapporte assegnate dallo studioso al pittore fiammingo intorno agli anni 1640-60 e raffiguranti rispettivamente Caino e Abele, Rebecca al pozzo, Il Giudizio di Salomone e appunto la Morte di Cleopatra (cfr. Catalogo dei quadri e pitture esistenti nel Palazzo dell'Eccellentissima Casa Colonna, 1782, cit. da De Marchi, op. cit.; l'attribuzione del Giudizio di Salomone in seguito è stata rettificata dallo studioso a favore di Alessandro Tiarini; cfr. anche N. Gozzano, La quadreria di Lorenzo Onofrio Colonna: prestigio nobiliare e collezionismo nella Roma barocca, Roma 2004, p. 191.). L'artista fiammingo era solito variare i colori dello sfondo e di alcuni particolari come nel caso della Cleopatra, già Finarte, Roma, 9 maggio 1995, lotto 66 attribuito a Elisabetta Sirani ma riferibile alla bottega del pittore fiammingo (cm 75 x 100, di formato analogo al nostro). Di simile formato è una versione della Cleopatra, già a Baltimora, collezione privata, secondo Federico Zeri dovuta alla mano di un pittore bolognese attivo a Roma (De Marchi, op. cit., fig. 45). Si segnala infine una Morte di Cleopatra in collezione di Maurizio Nobile, Bologna-Parigi, di formato più ampio seppure più concentrato sulle figure a discapito dell'ambientazione (cm 97 x 123, cfr. F. Moro, in Emilia pittrice: tableaux et dessins bolonais du XVIIème siècle, catalogo della mostra tenutasi a Parigi presso la Galerie Tarantino, 11 dicembre 2007-31 gennaio 2008, a cura di F. Moro, con contributi critici di A. Brogi e A. Tarantino, Parigi 2007, pp. 66-67, 105 - segnalata come opera inedita). Alcune varianti rispetto all'opera in esame sono evidenti a partire dall'assenza dei pentimenti sulle mani del moretto, visibili viceversa sul dipinto offerto nel lotto. Il successo della composizione è comprovato inoltre da un dipinto raffigurante la Morte di Sofonisba en pendant con Sofonisba e Massinissa (Torino, coll. privata, già Christie's, Roma, 8 marzo 1990, lotto 148), cfr. A. Cottino, Michele Desubleo in La Scuola di Guido Reni, a cura di E. Negro e M. Pirondini, Modena 1992, p. 211, fig. 211 e Idem, Michele Desubleo, Soncino 2001, cat. 24b, pp. 101-102, tav. XVb). L'opera torinese si ispira blandamente al cartone della Cleopatra, seppure l'ambientazione più raccolta e la semplificazione di alcuni dettagli portano a suggerire in questo caso una committenza di minor prestigio.Originario di Maubeuge, nelle Fiandre, Michele Desubleo si formò presso la bottega di Abraham Janseens e con il fratellastro Nicolas Renier si trasferì a Bologna, diventando uno dei migliori allievi di Guido Reni. Elimina ogni reminiscenza barocca per raggiungere un classicismo purissimo tanto da aprire in alcune opere, come questa offerta nel lotto, a complessi riferimenti culturali già venati di neoclassicismo. Siamo grati al Dottor Andrea G. De Marchi per aver confermato la presente attribuzione sulla base di fotografie a colori. Lo studioso osserva come questa sia una replica una delle più belle a lui note, anche per varietà e ricchezza di tavolozza impiegata, seppure non è da escludere per l'ancella l'intervento di un allievo.
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