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Jacopo Amigoni
Venezia 1682 - Madrid 1752
olio su tela, angoli sagomati dipinticm 441 x 249Provenienza:Cardinale Joseph Fesch (Ajaccio 1763 – Roma 1839), Roma, Palazzo Falconieri, fino al 1843; venduto all’asta dei dipinti italiani. Collezione dei Duchi Grazioli, Roma, fiono al 1950 ca.Esposizioni: Peintres de Venise de Titien à Canaletto dans les collections italiennes, catalogo della mostra, Lodève, Musée de Lodève, 11 luglio – 10 novembre 2000.Bibliografia:A. Scarpa, Amigoni, Soncino 1994, p.142, fig. XXXI.M. Vallés-Bled, in Peintres de Venise de Titien à Canaletto dans les collections italiennes, Lodéve 2000, cat. n. 44, pp. 104-107.JACOPO AMIGONI (VENICE 1682 – MADRID 1752), JUNO, AEOLUS AND DEJOPEA, OIL ON CANVAS, 441 X 249 CMENGLISH ABSTRACT OF THE CATALOGUE DESCRIPTION OF THIS LOT IS AVAILEABLE ON REQUEST.
€ 90.000 - € 120.000
Lotto non venduto
Note:
Il dipinto, di grande formato e raro impatto scenico, è esempio dell'ultima produzione veneziana dell'Amigoni, prima del suo trasferimento in Spagna nel 1747. L'opera è di poco successiva alla realizzazione del Giudizio di Paride, eseguito dal pittore per il soffitto della saletta vicina alla sala dei Dogi nella Villa Pisani a Strà (oggi Villa Nazionale). Per la datazione della decorazione della Villa Pisani sono state avanzate diverse ipotesi, tutte concordi nel riferire l'opera di Amigoni agli anni Quaranta del Settecento (cfr. A. Scarpa, Amigoni, op. cit., p. 142). Secondo quanto osserva Annalisa Scarpa l'affinità tra il telero Pisani e quello offerto nel lotto sta a confermare "una volta di più quanto talune impostazioni tematiche e compositive ideate dall'artista rimangano nella sua mente come un lessico irrinunciabile […]" (cfr. Ibidem). L'invenzione illustra l'episodio mitologico narrato da Virgilio nel libro I dell'Eneide (versi 66-79) in cui Giunone propone in sposa ad Eolo la più bella delle sue ninfe, Dejopéa, affinché egli scateni i venti - di cui è re e non dio, come abitualmente si crede - contro Enea, re di Troia. In precedenza erroneamente ritenuto Giove, Giunone e Io, il dipinto in esame doveva decorare il soffitto di una sala di rappresentanza alle cui pareti fossero illustrati fatti della guerra di Troia o della fondazione di Roma. La nobile dimora romana che avrebbe dovuto ospitarlo in origine purtroppo non è nota, mentre è documentato il passaggio dell'opera nella raccolta del cardinal Fesh, fratello di Letizia madre di Napoleone, che, dopo il congresso di Vienna, si ritirò ad abitare nel romano Palazzo Falconieri a Via Giulia dedicandosi alla sua collezione di opere d'arte, andata quasi completamente dispersa alla sua morte, avvenuta nel 1839.L'inconsueto soggetto era stato eseguito da Amigoni a Mereworth Castle, nel Kent, durante il soggiorno inglese. La modalità del racconto del tema nuziale è resa con pari leggerezza e grazia rocaille. Accanto alla bella Dejopéa, seduta e ripresa frontalmente, campeggia Giunone leggermente scorciata dal sotto in su, mentre si rivolge ad Eolo, secondo uno schema zigzagante che conferisce alla composizione ampio respiro. Perfetta come decorazione del soffitto di una sala, la regia compositiva è costruita con una tavolozza ricca di un'infinita gamma di bianchi, specie nella metà superiore della tela. L'effetto ottenuto dall'artista è quello di dipingere - o meglio scolpire - giovani donne al seguito di Giunone e putti volanti con l'eterea sostanza delle nuvole.
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