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Francesco Solimena
Canale di Serino 1657 – Barra 1747
olio su tela, senza cornice, cm 178 x 126
€ 10.000 - € 20.000
Venduto per € 41.250
Note:
Ringraziamo il professor Riccardo Lattuada che ha confermato la presente attribuzione dopo aver visionato l'opera in originale.
L'autografia del maestro risulta evidente dall'analisi stilistica dei personaggi e della composizione nonché dal confronto con sue altre tele documentate. I corpi saldamente costruiti con un’anatomia possente e con chiaroscuri netti, i panneggi vibranti e dinamici, l'impostazione della scena si ritrovano nella Madonna con Bambino e i Santi Gennaro e Sebastiano conservato a Milwaukee, Milwaukee Art Center e nella Madonna col bambino, l'angelo custode e San Francesco di Paola della Gemaeldegalerie Alte Meister di Dresda.
In basso a sinistra appare il golfo di Napoli visto da occidente, all'altezza di Posillipo, delimitato dal Monte Somma, con il Vesuvio sullo sfondo. Il particolare è attualmente di difficile lettura a luce naturale per l'ossidazione delle vernici ma diventa più agevolmente visibile ai raggi infrarossi.
L'iconografia di San Gennaro che chiede l'intercessione della Vergine per la città di Napoli ha una forte valenza simbolica e mette in evidenza lo stretto legame, da sempre esistente, tra Napoli e il proprio santo protettore, fatto di rispetto, amore e devozione.
Nella pittura del Seicento napoletano rappresentazioni simili sono abbastanza ricorrenti (come ad esempio il San Gennaro che protegge la città di Napoli di Onofrio Palumbo e Didier Barra nella chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini o a quello di Luca Giordano con San Gennaro che intercede presso la Vergine, Cristo e il Padre Eterno per la peste al Museo Nazionale di Capodimonte).
Tuttavia scelte compositive simili non sono comuni nella produzione pittorica solimenesca.
Un utile confronto per l'impaginazione dell'opera in esame è rappresentato dal bellissimo rilievo di Domenico Antonio Vaccaro raffigurante La Vergine dà le chiavi di Napoli a San Gennaro nella Certosa di San Martino a Napoli, databile intorno al 1720, periodo nel quale è possibile collocare anche il dipinto offerto nel lotto.
Solimena, Domenico Antonio e Lorenzo Vaccaro furono legati da profonde e reciproche influenze stilistiche, tanto che Bernardo De Dominici nelle sue Vite dei Pittori, Scultori, ed Architetti Napolitani definisce Solimena il Vaccaro della Pittura, e Lorenzo Vaccaro, padre e maestro di Domenico Antonio, il Solimena della Scultura (cfr. Bernardo de' Dominici, Vite de' Pittori, Scultori e Architetti napoletani, Napoli 1742-44, vol. III.). Lo scrittore napoletano seppe sintetizzare con singolare efficacia quel metalinguaggio barocco di matrice classicista che Solimena e i Vaccaro declinarono con materiali diversi ma intenti estetici comuni (cfr. R. Lattuada, Domenico Antonio Vaccaro, pittore, scultore e decoratore "ornamento della sua patria", in Domenico Antonio Vaccaro: sintesi delle arti, a cura di B. Gravagnuolo e F. Adriani, Napoli 2005, in part. pp. 31-34).
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