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17

Crispi

Francesco

Lettere autografe firmate

Insieme di 9 lettere autografe firmate, con relative buste, e un dattiloscritto, datate 1893-’98, varie misure, tutte indirizzate a Giuseppe Pinelli, Segretario Capo della Presidenza del Consiglio dei Ministri tra il 1876 e il 1902.

€ 600 - € 800

Lotto non venduto

Note:
Giuseppe Pinelli fu Capo di Gabinetto di Crispi. Nella prima missiva del 23 settembre 1893, dopo vari convenevoli e l’annuncio di un viaggio a Napoli (“Nulla di politico”), si sfoga: “Siamo caduti molto giù, e secondo le mie impressioni, parmi che non vi è forza d’uomo che possa rivelarci. Mi felicito col Re, il quale non ha la coscienza del periodo, ed è soddisfatto dai suoi Ministri. (...)“. Sempre nel 1893 il 5 ottobre ritorna sulle riflessioni esistenziali: “Quando la politica divenne un mestiere, perdette ciò che aveva di sacro e divenne peggio che una cosa umana, da barattare sul mercato. Io non so se l’Italia sappia uscire sana dal disordine nel quale siamo caduti. Mi stupisco che non se ne avvedano uomini che, avendo un nome da conservare, si avvicinano invece a coloro che di questo disordine sono gli autori. Il Vaticano gioisce, e la Francia ci disprezza dippiù.”. La schiena dritta di Crispi viene fuori in modo esplicito nella missiva del 30 dicembre 1897: “Comunque, io non ho che una sola colpa da imputarmi, cioé non aver fatto favori ad alcuno...Il male è che i cittadini debbono essere condannati ad andare alle urne senza causa impellente e senza scopo, soltanto a beneficio dei nemici delle istituzioni.”. La pace la raggiunge nell’oasi di Cava dei Terreni, da dove scrive il 20 settembre 1897: “Qui si vive in una calma paradisiaca. Ho messo da parte ogni pensiero di politica italiana, la quale per disgrazia del nostro povero paese non poteva esser discesa tanto basso. Politica di pettegolezzi e di personalità. Mi dicono che nel congresso medico di Mosca gl’italiani fecero una pessima figura. La lingua nostra era scartata, e nessuno dei nostri sapeva parlare né il latino, né il francese. A Mosca abbiam portato lo specchio delle abbiezioni interne. Quando eravamo divisi in sette Italie, gl’Italiani furono sempre i primi nei congressi scientifici. Oggi siamo abbassati anche in questo”. L’amarezza per la sua povera Italia, divisa e dimessa, governata da una politica vile, è cocente. Dopo Adua (1896) Crispi si era ormai ritirato dalla politica attiva, e il suo sguardo come si vede bene in queste lettere, riusciva a vedere le cose col necessario distacco critico, e forse un po’ disincantato...

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Lotto numero 17, Libri Autografi e Stampe &8211 Asta 127


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