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Stefano Tofanelli
Lucca 1750 – Roma 1812
olio su tela, cm 57 x 97
reca sigillo in ceralacca sul retro del telaio e numero di inventario 685A sulla tela di rifodero
Apollo’s Triumph
oil on canvas, cm 57 x 97
Stima a richiesta
Lotto non venduto
Note:
Il presente dipinto è in relazione con la tela eseguita da Stefano Tofanelli per il soffitto di Villa Mansi nel 1784, che Luigi Mansi commissionò all'artista in occasione dei lavori di abbellimento della villa di famiglia a Segromigno, nei dintorni di Lucca.
Luigi Mansi si era servito del Tofanelli anche per il Palazzo Mansi a Lucca, ritenendo che lui, a Roma dal 1768 "fosse la personalità artistica lucchese maggiormente in grado di fornire un progetto che rispecchi un gusto decorativo quanto più possibile aggiornato" (G. Borella, P.Giusti Maccari, Il Palazzo Mansi di Lucca, Lucca 1993, p. 147). I
lavori di decorazione, per i quali Tofanelli si avvalse anche dell'aiuto del fratello Agostino, furono ultimati nel 1792.
Il tema prescelto fu il mito di Apollo, così come raccontato nelle Metamorfosi di Ovidio e probabilmente suggerite al pittore dall’abate Giovenazzi, erudito suo amico. La decorazione pittorica della sala venne completata con l'inserimento dello stemma della famiglia Mansi sopra la porta. Ai lati della sala Tofanelli dipinse il Giudizio di Mida e la Morte di Marsia. Il pittore sceglie di rappresentare Apollo Sole nel suo levarsi in un giorno di primavera, come ci indicano la presenza del Toro e dei Gemelli. Sul lato si innalza la regia del Sole, idea ripresa dallo stesso poeta latino: "Regia Solis erat sublimibus alta columnis./ Clara micante auro, flammasque imitante Pyropo. /Jam senior, sed cruda Deo viridisque senectus". Alla sua sinistra il Tempo che, con lo sguardo rivolto ad Apollo aspetta un suo cenno di comando per avanzare con la Primavera; l'Estate e l'Autunno e l'Inverno sono invece seduti in disparte
Come riportato nelle Correzioni pittoriche da farsi nell'Elogio del defunto Stefano Tofanelli: "Sta nel mezzo del quadro Apollo…egli è in procinto di salire sul cocchio. Questo e tutto d'oro arricchito di rubini e zaffiri qua e là disposti con artifizio, e ornato di grifi, animale a lui sacro. Sbuffano e si agitano i cavallo, che sono a fatica tenuti a freno dalle Ore. Esse sono alate, e quantunque la fisionomia loro sia variata, pure vi si vede una certa aria di famiglia…Volano in alto alcuni Genj, che portano la cetra, la faretra, e l'arco, armi del Dio…Precede a tutto l'Aurora lievemente librata per l'aria, e colla sinistra mano prende fiori da un canestro, che un Genio le presenta, e gli sparge coll'altra sulla sottoposta terra. Tale è la rappresentanza del quadro, tale la disposizione delle figure. Tutto qui è poetico, e tutto è in azione. Le figure son molte, non però troppe, che generino confusione; e da ogni parte spira una certa letizia che consola il riguardante" (per la trascrizione, cfr. R. Giovannelli, Per Stefano Tofanelli, in Labyrinthos 21/24 (1993), pp. 399-400).
Della stessa composizione esiste un bozzetto, di analoghe dimensioni, attualmente conservato a Lucca, Palazzo Mansi. (cfr. ivi, fig. a p. 174, già pubblicato in La pittura neoclassica italiana, a cura di A. Cera, Milano 1987, fig. 605, con indicazione delle misure cm 56 x 97 e la precedente collocazione in collezione privata romana).
L'importanza dell'impresa lucchese è documentata anche da una copia del Carro del Sole, ideata in controparte da Agostino Tofanelli, a Lucca, collezione privata (R. Giovannnelli, Tofanelli, Morghen, Leonardo, in Labyrinthos, 25/26 (1994), p. 208 e fig. 2).
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